Area Adolescenti e Giovani Adulti

L’età di esordio dei DCA è per lo più tra i 10 e i 30 anni con due picchi intorno ai 14 e ai 18 anni (Yager et al., 2006), prevalentemente in persone di sesso femminile. Nella recentissima attualità, la prevalenza dei DCA ha subito un importante aumento come espressione della crisi associata alla pandemia, arrivando a toccare un incremento medio tra il 30% e il 40% rispetto al 2019 (dati Associazione Italiana Dietetica e Nutrizione Clinica e ISS). Tale incremento ha riguardato anche la popolazione maschile nella fascia tra i 12 e 17 anni.

In età evolutiva l’insorgenza dei DCA è spesso subdola e inizia con comportamenti apparentemente salubri come il prestare attenzione alla qualità del cibo, riducendo alcuni alimenti e aumentando l’attività fisica. In seguito, tuttavia, gli adolescenti sviluppano un irrigidimento delle condotte alimentari, emozioni negative intense e persistenti in riferimento al proprio corpo e un graduale restringimento degli interessi e delle relazioni sociali.

La drastica riduzione di alimentazione in un corpo in fase di sviluppo può determinare scompensi fisici (elettrolitici, endocrini e cardiaci e altri) che possono avere conseguenze gravi a lungo termine e, in casi estremi, la morte (Crow et al., 2009).

Per lavorare terapeuticamente con gli adolescenti è fondamentale comprendere non solo le caratteristiche del disturbo ma anche le peculiarità di questa preziosa ma delicata fase di vita. L’adolescenza si caratterizza come un periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta. Si associano quindi a questa fase numerosi cambiamenti fisici, cerebrali, psicologici, relazionali, familiari e sociali.

Uno dei compiti fondamentali dei ragazzi e delle ragazze è quello di costruirsi una propria identità, attraverso un processo oscillatorio che li vede da una parte ricercare l’indipendenza e dall’altra avere bisogno di supporto e sostegno per evolvere. Lo scopo di questo processo è quello di diventare adulti autonomi, capaci di assumersi ruoli e responsabilità all’interno dei vari contesti ai quali appartengono.

In questo senso il corpo è uno dei luoghi privilegiati dove conoscersi, sentirsi e sperimentare i propri limiti e confini, ma è anche la sede dove le emozioni si accendono e il mezzo attraverso il quale queste vengono espresse e comunicate. Non a caso, infatti, non mancano in questa età i tentativi di manipolare le caratteristiche del corpo. Inoltre l’intensità emotiva tipica degli adolescenti li induce sempre più spesso a mettere in atto attacchi diretti al corpo, attraverso condotte autolesionistiche, il consumo di sostanze e alcol, la sessualità e l’alimentazione. Questi comportamenti aggressivi verso se stessi sono però da considerarsi come tentativi di regolazione delle emozioni e in molti casi come modalità di richiesta d’aiuto.

A tal proposito, è importante ricordare che i cambiamenti ormonali e la maturazione non omogenea e differita di diverse aree cerebrali, come quelle prefrontali deputate all’inibizione dei comportamenti e al controllo degli impeti, favoriscono l’impulsività e quindi una maggiore difficoltà ad autoregolarsi.

Inoltre, nei ragazzi e soprattutto nelle ragazze con DCA, può capitare che alcune trasformazioni del corpo, come quelle legate alla sfera della sessualità, vengano vissute con particolare sofferenza: la trasformazione sessuata e sessuale del corpo implica la possibilità di entrare in relazione intima con l’altro, di confrontarsi con la possibilità e la responsabilità di diventare esseri generativi. La vergogna, la percezione di minor controllo, le sensazioni di vuoto e angoscia e il probabile confronto con il sentimento di inadeguatezza, possono motivare gli adolescenti a reprimere la sessualità, vissuta come troppo spaventosa, oppure a ricercarla freneticamente allo scopo di evitare il rifiuto e l’abbandono.

Non ultimo, la ricerca di un’identità integrata richiede la capacità di saper distinguere tra sé e gli altri, elemento particolarmente critico per gli adolescenti che soffrono di DCA. Difatti, il processo di individuazione, che implica un fisiologico e oscillatorio distacco dai modelli familiari in favore di quelli provenienti dal gruppo dei pari e da altre figure adulte significative, risulta spesso particolarmente inibito. Sovente si assiste dunque a un restringimento delle interazioni sociali, a un iperinvestimento nei rapporti all’interno del nucleo familiare e a un’adesione acritica ai valori e alle idee dominanti. Le conseguenze sono il restringimento del campo di consapevolezza personale e la formazione di un’identità organizzata da elementi esterni più che interni.

A livello terapeutico, per tutti questi motivi, è fondamentale agire con tempestività, prendendo in carico l’adolescente, offrendogli uno spazio di ascolto aperto, interessato e curioso, supportandolo nel dare significato al suo malessere, guidandolo nell’esplorazione di sé e favorendo lo sviluppo di modalità e capacità di auto-regolazione più sane. Lo scopo ultimo è quello di aiutarlo a formarsi un’identità stabile che generi in lui fiducia, senso di solidità e una maggiore padronanza di sé.

Il processo di formazione della propria individualità non termina con l’adolescenza, ma prosegue nelle fasi successive della vita. Nella fascia d’età tra i 18 e i 25-30 anni i giovani adulti, avendo acquisito un’identità più stabile, si trovano alle prese con 1) relazioni sentimentali più intime e fondate sulla reciprocità, 2) la ricerca di un proprio posto nel mondo e l’incertezza connessa all’ingresso nel contesto sociale e lavorativo, che richiede loro di adottare uno spirito di maggiore partecipazione, autonomia e responsabilità, 3) la necessità di identificare obiettivi che siano in equilibrio tra l’essere in sintonia con i propri bisogni, desideri e aspirazioni e le necessità-opportunità offerte dal contesto socio-economico-culturale, 4) la necessità di fare leva sulle proprie risorse per raggiungere tali scopi, 5) il sentirsi in bilico tra spinte regressive adolescenziali e spinte evolutive.

I rischi maggiori di questa fase sono:

  • rimanere incastrati in dinamiche adolescenziali per non aver completato il processo di individuazione-separazione dalla famiglia d’origine;
  • avere difficoltà a costruire relazioni intime stabili
  • sperimentare un senso di alienazione profondo che rende difficile il percepirsi adeguati e appartenenti alla società.

I disturbi alimentari possono annidarsi in questa fase proprio come tentativo di salvaguardare se stessi dalla percezione di essere sopraffatti dalle difficoltà nell’ottemperare ai propri compiti evolutivi. Il lavoro terapeutico in questa fase non è solo quello di curare la patologia alimentare, ma anche quello di offrire al giovane adulto l’opportunità di riavviare e completare quel processo di crescita e strutturazione di una solida identità personale e sociale che si è temporaneamente arrestato.

Sia per quanto riguarda gli adolescenti sia i giovani adulti, le figure genitoriali possono avere un ruolo fondamentale nel trattamento dei disturbi alimentari: se partecipano attivamente alla terapia, modificando quei comportamenti che risultato essere fattori di mantenimento del disturbo, possono dimostrarsi delle valide risorse per favorire la guarigione e la crescita dei propri figli.

Bibliografia

Crow SJ, Peterson CB, Swanson SA, Raymond NC, Specker S, Eckert ED, Mitchell JE. Increased mortality in bulimia nervosa and other eating disorders. Am J Psychiatry 2009;166(12):1342-6.

Yager J, Devlin MJ, Halmi KA et al: Practice guideline for the treatment of patients with eating disorders. Arlington, VA: American Psychiatric Assoc; 2006:1-128

https://www.adiitalia.org/video-trailer/video-trailer-5/2021.html?download=1541:2-giugno-2021-x-giornata-nazionale-del-fiocchetto-lilla

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